Il Consiglio di Stato, con la Sentenza in commento, ha condiviso la posizione di un gruppo di disabili e congiunti di disabili, secondo i quali ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significherebbe, in realtà, considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito - come se fosse un lavoro o un patrimonio – e, di conseguenza, i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non rappresenterebbero un reale “sostegno” al disabile ma una mera “remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Per questo motivo, secondo i Giudici di Palazzo Spada, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito.
A cura dell’Avv. Salvatore Russo
A seguito della c.d. riforma dell'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente, che costituisce il riferimento per l'accesso ad aiuti e a prestazioni sociali agevolate) che ha considerato reddito disponibile anche le pensioni legate a situazioni di disabilità, le indennità di accompagnamento e gli indennizzi Inail, un gruppo di disabili e congiunti conviventi di disabili (che in varia guisa percepivano trattamenti assistenziali o sociosanitari) convenivano in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Economia e delle Finanze nonché il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, proponendo Ricorso al TAR.
I citati ricorrenti lamentavano le nuove modalità di determinazione dell’ISEE di cui al DPCM n. 159 del 5 dicembre 2013, recante, appunto, il Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione di tale “indicatore”, ai sensi dell’art. 5 D.L. n. 201/2011, convertito con modificazioni nella Legge n. 214/2011.
In particolare i ricorrenti deducevano, tra le varie doglianze, l’illegittimità dell’art. 4, comma 2, lettera f) del DCPM n. 159/2013 nonché la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201.
Per i ricorrenti, infatti, l’art. 5 del D.L. citato, nel definire che si sarebbe dovuta “adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale”, doveva interpretarsi da parte dell’Autorità emanante nel senso di eliminare le lacune della precedente regolamentazione, ove era considerato privo di reddito chi, pur disponendo di cespiti anche cospicui, non era soggetto a relativa dichiarazione IRPEF (ad esempio: redditi tassati all’estero, pensioni estere non tassate in Italia, dipendenti stati esteri, ecc.), come confermato dal contesto integrale dello stesso art. 5 che prevedeva una maggiore valorizzazione della componente patrimoniale ed il rafforzamento del sistema dei controlli, anche al fine principale del risparmio di spesa mediante sostanziale “emersione” di situazioni di “povertà fittizia”.
In concreto, però, il DCPM in esame aveva incluso tra i redditi tutti i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari a qualunque titolo percepiti, anche in ragione proprio della accertata invalidità.
Quest’ultima, agli occhi dei ricorrenti, costituiva in realtà un'oggettiva situazione di svantaggio, anche economico, nonostante i trattamenti assistenziali previdenziali e indennitari siano tutti volti proprio ad attenuare tale svantaggio, tendendo all’attuazione del principio di uguaglianza, senza alcun intento “speculativo” proprio delle fonti di reddito “ordinario”.
La stessa giurisprudenza, ormai consolidata, aveva già evidenziato la natura indennitaria del grave disagio economico ed esistenziale delle indennità di accompagnamento – pure ricomprese ai sensi della richiamata lett. f) – cui possono assimilarsi in tal senso i contributi erogati a titolo di rimborso (sia pure parziale) delle spese per le necessità quotidiane del disabile e del suo nucleo familiare, le pensioni e gli assegni erogati dall’INPS ai disabili in stato di bisogno economico, gli indennizzi INAIL del danno biologico subito nello svolgimento di attività lavorativa (di carattere risarcitorio), gli assegni mensili per indennizzo dei danni da vaccino, emotrasfusioni e da emoderivati.
Gli stessi ricorrenti, con uno specifico motivo del ricorso, deducevano, altresì, l’irrazionalità e l’erroneità, nonché il difetto di seria istruttoria in ordine alla fissazione, da parte dell'art. 4, commi 3, lett. c) e 4, lettere b), c) e d) del DPCM, di talune detrazioni e franchigie in misura insufficiente ed irrealistica rispetto alle reali spese di cura ed assistenza gravanti sui disabili e sulle loro famiglie.
I Giudici del TAR del Lazio, con sentenza n. 2459/2015 accoglievano le richieste dei ricorrenti e per l’effetto, da un lato, annullavano l'art. 4, c. 2, lett. f) del DPCM 159/2013, nella parte in cui aveva incluso, tra i dati da considerare ai fini ISEE per la situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari percepiti dai soggetti portatori di disabilità; l’organo giudicante annullava, contestualmente, anche l'art. 4, c. 4, lett. d) del DPCM, nella parte in cui, nel fissare le franchigie da detrarre dai redditi, aveva introdotto “un'indistinta differenziazione tra disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per quest'ultimi, senza considerare l'effettiva situazione familiare del disabile maggiorenne”.
Orbene, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 5 D.L. n. 201/2011 rispetto agli artt. 3, 32 e 38 Cost., ad opinione dei Giudici del TAR, comporta che la disposizione la quale prevede di “adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale…valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia sia all’estero” debba essere intesa nel senso prospettato dai ricorrenti. La volontà del legislatore coincideva, infatti, con la necessità di eliminare precedenti situazioni ove si rappresentavano privi di reddito soggetti in realtà dotati di risorse, anche cospicue, ma non sottoponibili a dichiarazione IRPEF.
Correttamente i ricorrenti avevano richiamato, a tal proposito, i redditi prodotti e tassati all’estero, le pensioni estere non tassate in Italia, i lavoratori di stato estero, i lavoratori frontalieri con franchigia esente IRPEF, il coniuge divorziato che percepisce assegno di mantenimento di figli.
Il Collegio ha ritenuto che tale impostazione normativa era orientata a rispettare un principio di uguaglianza e proporzionalità, ai fini del rispetto dell’art. 38 Cost., legata all’ “emersione” di situazioni solo apparentemente equivalenti ad assenza di reddito effettivo.
Il DPCM, quindi, per non incorrere nella violazione di legge e nella ancor più diretta violazione delle norme costituzionali richiamate, avrebbe dovuto dare luogo a disposizione orientate in tale senso, approfondendo le situazioni in questione ed aprendo il ventaglio delle possibilità di sottoporre la componente di reddito ai fini ISEE a situazioni di effettiva “ricchezza”.
Con la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, lett. f), d.p.c.m. cit., invece, la Presidenza del Consiglio aveva disposto che “Il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando le seguenti componenti…f) trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a)”, vale a dire nel reddito complessivo IRPEF.
Ebbene, la genericità e ampiezza del richiamo a trattamenti “assistenziali, previdenziali e indennitari” ha comportato indubbiamente che nella definizione di “reddito disponibile” di cui all’art. 5 D.L. n. 201/2011 venissero considerati tutti i proventi che l’ordinamento poneva a compensazione della oggettiva situazione di svantaggio, anche economico, che ricade sui disabili e sulle loro famiglie.
I Giudici del TAR affermavano, nella sentenza citata, come non fosse dato comprendere per quale ragione, nella nozione di “reddito” (che dovrebbe riferirsi a incrementi di ricchezza idonei alla partecipazione alla componente fiscale di ogni ordinamento) venissero ricompresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore delle situazioni di “disabilità”, quali, le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico, gli indennizzi da danno biologico invalidante, di carattere risarcitorio, gli assegni mensili da indennizzo ex LL. nn. 210/92 e 229/05.
Tali somme, e tutte le altre che possono identificarsi a tale titolo, secondo il TAR, non possono, invece, costituire “reddito” in senso lato né possono essere comprensive della nozione di “reddito disponibile” di cui all’art. 5 D.L. n. 201/2011, che proprio ai fini di revisione dell’ISEE e della tutela della “disabilità” è stato adottato.
Alla luce di quanto detto, quindi, il DCPM impugnato si è palesato illegittimo laddove prevedeva al richiamato art. 4, comma 2, lett. f), una nozione di “reddito disponibile” eccessivamente allargata e in discrepanza interpretativa con la “ratio” dell’art. 5 D.L. n. 201/2011.
L’Amministrazione veniva quindi vincolata a rimodulare tale nozione valutando attentamente la funzione sociale di ogni singolo trattamento assistenziale, previdenziale e indennitario e orientandosi anche nell’esaminare situazione di reddito esistente ma, per varie ragioni, non sottoposto a tassazione IRPEF.
I Giudici, nel loro ragionamento, poi, continuano ed affermano come non sia dato comprendere per quale ragione le detrazioni previste all’art. 4, comma 4, lett. d), nn. 1), 2) e 3), venissero incrementate per i minorenni, non individuandosi una ragione per la quale al compimento della maggiore età, una persona con disabilità, sostenga automaticamente minori spese ed essa correlate. Né lo stesso Collegio ha ritenuto convincente la tesi della difesa erariale, secondo cui i minori con disabilità non possono costituire nucleo a sé, gravando l’obbligo del mantenimento in capo ai genitori, e per i maggiorenni è relativamente più facile ridurre sostanzialmente l’ISEE, se non azzerarlo, potendosi non considerare il reddito dei genitori.
Tale conclusione, per il Giudice Amministrativo, non è apparsa essere sostenuta da elementi specifici, almeno statistici, che potessero dimostrare il grado di incidenza sulla popolazione dei disabili dei maggiorenni costituenti “nucleo a sé” rispetto a quelli che non possono farlo mentre il decreto impugnato, per le sue caratteristiche di generalità e astrattezza, imponeva direttamente e indistintamente la detrazione considerata, senza legarla alla effettiva situazione familiare del disabile maggiorenne.
Sotto tale profilo, quindi, le norme di cui ai richiamati nn. 1), 2) e 3) venivano annullate nella parte in cui introducevano una indistinta differenziazione tra disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per quest’ultimi, senza considerare l’effettiva situazione familiare del disabile maggiorenne. A tal fine, le Amministrazioni convenute venivano vincolate a rimodulare anche tale disposizione nel senso ora evidenziato.
La sentenza TAR n. 2459/2015 veniva successivamente appellata dinnanzi al Consiglio di Stato, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri del Lavoro e dell’Economia e Finanze, argomentando con diversi motivi l’erroneità della sentenza.
I Giudici di Palazzo Spada, nel ripercorrere la ricostruzione fatta dal TAR, hanno respinto il Ricorso in Appello della P.A. e gli stessi Giudici appaiono determinati nel condividere l’affermazione dell’originario gruppo di disabili e congiunti conviventi di disabili, i quali affermano che “ricomprendere tra i redditi i trattamenti… indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito - come se fosse un lavoro o un patrimonio- ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una "remunerazione" del suo stato di invalidità… (dato) … oltremodo irragionevole … (oltre che) … in contrasto con l'art. 3 Cost.».
Pubblicato da Il Diritto Amministrativo del 07 aprile 2016