Speciale Sanità

Le sezioni Unite della Corte di Cassazione fanno chiarezza sull’imposta obbligatoria per le imprese e stabiliscono che la medicina di gruppo, in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, non è assimilabile all’associazione tra professionisti: essa non è impresa (anche sa ha una segreteria) e, dunque, non sconta il pagamento dell’IRAP.

A cura dell’Avv. Salvatore Russo

Il Giudice del Lavoro di Civitavecchia ha condannato l’Azienda Sanitaria Locale all’assunzione, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di un dipendente che aveva lavorato in forza di molteplici contratti a tempo determinato e successive proroghe fin dal 1999. Lo stesso dipendente aveva, altresì, partecipato al bando di stabilizzazione del 2008, con la qualifica di operatore tecnico specializzato del comparto Sanità (BS).

A cura dell’Avv. Salvatore Russo

Con la Sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'imperfetta compilazione della cartella clinica da parte dei sanitari non può tradursi in un pregiudizio, sul piano processuale, per il paziente (anziché per la parte cui il difetto di annotazione è imputabile), traducendosi in un inammissibile “vulnus” al criterio che onera la parte convenuta della prova liberatoria in merito all'esattezza del proprio adempimento.

A cura dell’Avv. Salvatore Russo

Secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente la consegna di un semplice depliant per assolvere all'obbligo informativo dei rischi di un intervento agli occhi che il medico deve fornire al paziente prima di ottenere il suo consenso all’intervento. Il paziente deve, infatti, ricevere informazioni dettagliate e non generiche circa la natura, la portata, l'estensione, i rischi, i risultati e le conseguenze dell'intervento stesso.

A cura dell'Avv. Salvatore Russo

Il Consiglio di Stato, con la Sentenza in commento, ha condiviso la posizione di un gruppo di disabili e congiunti di disabili, secondo i quali ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significherebbe, in realtà, considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito - come se fosse un lavoro o un patrimonio – e, di conseguenza, i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non rappresenterebbero un reale “sostegno” al disabile ma una mera “remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Per questo motivo, secondo i Giudici di Palazzo Spada, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito.

A cura dell’Avv. Salvatore Russo